Hai mai sentito dire che con le email automatiche (o “flow”) si possa semplicemente impostare tutto e… basta? Certo, in parte è vero: questi invii lavorano in sottofondo e permettono di instaurare un rapporto continuo con i contatti. Però, sai una cosa? Non è sufficiente abbandonarli al loro destino. È fondamentale controllare e ottimizzare regolarmente metriche ben specifiche, così da assicurarsi che le performance rimangano all’altezza delle aspettative. In questa guida, esploreremo come valutare e migliorare questi flussi, concentrandoci su tassi di clic, tassi di apertura, deliverability e altro ancora. Vedrai che i suggerimenti si applicano a una grande varietà di settori, dalla cosmetica all’abbigliamento, passando per il settore automotive.
Perché monitorare regolarmente i flussi automatici?
Progettare un buon sistema di email automatiche richiede tempo, cura per i dettagli e un pizzico di sensibilità per comprendere il pubblico. Una volta creati, questi invii regolari svolgono compiti di fidelizzazione, vendita, divulgazione di contenuti, educazione del pubblico e tanto altro. In molti casi, si tende a pensare che una volta impostati, i flussi rimangano efficaci per mesi o addirittura per anni senza bisogno di intervento. Ma è davvero così?
In parte sì: un flusso ben costruito può continuare a generare risultati solidi nel tempo. Tuttavia, perfino l’email marketing più strategico richiede verifiche periodiche. Le abitudini delle persone cambiano, le esigenze dei clienti si evolvono e la concorrenza cresce. Non vuoi rischiare di spedire email a contatti disinteressati o, peggio ancora, di ritrovarti con link rotti in un messaggio automatico.
Una semplice revisione mensile (o almeno trimestrale) permette di individuare se:
- Il tasso di clic (CTR) rimane su valori in linea con le aspettative del brand.
- Le email continuano ad atterrare nella posta in arrivo, senza finire in spam.
- Il contenuto risulta ancora rilevante per chi lo riceve.
- Gli obiettivi del flusso (vendita, educazione del cliente, cross-selling o altro) vengono raggiunti.
In altre parole, se mantieni un occhio vigile sui numeri, potrai intervenire tempestivamente e migliorare i risultati senza stravolgere tutto da capo.
Le metriche chiave – Cosa osservare e perché
Per valutare la salute dei tuoi flussi, ci sono parametri fondamentali da tenere a mente. Non serve fare grandi calcoli in continuazione, ma almeno una volta al mese è utile controllare:
- Click-Through Rate (CTR)
- Tasso di apertura (Open Rate)
- Tasso di conversione o “Placed Order Rate” (in un contesto e-commerce, la percentuale di acquisti derivanti dalle email)
- Deliverability (in parole povere: le email arrivano correttamente nella posta in arrivo?)
Queste metriche condividono molte somiglianze con quelle utilizzate per le campagne singole (come gli invii di newsletter promozionali o annunci sporadici), ma vanno interpretate con un’ottica diversa. Le email di un flusso non sono eventi isolati: sono parte di un percorso che porta l’utente a compiere piccole azioni ripetute nel tempo, fino a giungere all’obiettivo finale. Per questo, la coerenza e la continuità svolgono un ruolo cruciale.
Il Click Through Rate (CTR) – L’indicatore più importante
Tra le metriche sopra menzionate, il CTR è spesso considerato il centro di un flusso ben costruito. Il ragionamento è semplice: prima che un utente clicchi, ci sono vari passaggi che devono funzionare in sequenza.
- L’email deve atterrare in inbox: se la deliverability è bassa e finisci in spam, la partita è già persa.
- L’utente deve trovare interessante l’oggetto: se il tuo subject line non incuriosisce, difficilmente vedrai un aumento nell’apertura.
- Il contenuto stesso deve essere convincente: solo se l’email risulta chiara, ben scritta e con una proposta di valore evidente, la persona si sentirà motivata a cliccare.
Ecco perché un buon tasso di clic suggerisce che tutti i passaggi precedenti stanno andando nella giusta direzione. Non è solo un numero: è il risultato di un percorso di persuasione e fiducia.
Formula del CTR
La maggior parte dei provider di email marketing, come Klaviyo o Mailchimp, ti mostrerà in modo automatico il CTR per ogni invio. Tuttavia, se ti servisse calcolarlo a mano, ti basta dividere il numero di clic unici (unique clicks) per il numero di email effettivamente consegnate.
CTR = (Clic unici / Email consegnate) × 100
Quale dovrebbe essere la base di riferimento?
Secondo i dati forniti da Klaviyo per il primo trimestre 2022, la media del CTR nelle email automatiche è attorno al 5,82%. Ma questo dato varia molto a seconda del settore:
- Abbigliamento e accessori: circa 5,95%
- Automotive: circa 6,55%
Se noti che la tua azienda di cosmetici supera costantemente il 5% di CTR, forse puntare semplicemente a quel 4,81% segnalato per “health and beauty” non è più un obiettivo motivante. Al contrario, se ti trovi molto sotto la soglia media del tuo settore, potresti dover intervenire subito.
Cause principali di un CTR basso
Capire perché un email flow riscontra pochi clic non è sempre immediato, ma le ragioni più frequenti sono:
- Bassa deliverability: se tante email finiscono in spam o non vengono consegnate correttamente, è impossibile generare clic. Dovresti verificare la qualità della tua lista e assicurarti di non includere contatti disinteressati da troppo tempo.
- Oggetto poco attraente: anche se il contenuto fosse meraviglioso, se l’oggetto non stimola l’apertura, mancheranno le opportunità di clic. In questo caso, vedresti un tasso di apertura basso che accompagna il CTR carente.
- Contenuto che non ispira alcuna azione: se le persone aprono ma non cliccano, forse la proposta non è così allettante. Magari la grafica è confusa, oppure manca un chiaro invito all’azione (Call To Action, CTA).
- Pubblico non in target: un esempio? Se vendi prodotti per la cura della pelle e stai spedendo promozioni su un mascara a chi ha appena acquistato Boom Silk (una crema viso), potresti non parlare al pubblico giusto. L’interesse per quella specifica offerta sarebbe scarso.
Come aumentare il CTR
Se dopo un controllo regolare ti accorgi che il CTR è in calo o inferiore agli standard, non disperare. Esistono svariate tattiche per rialzarlo e, di conseguenza, migliorare i risultati economici.
A. Gioca con l’oggetto
Spesso si comincia proprio dall’oggetto, perché è il primo anello della catena che porta all’apertura e, in ultima analisi, al clic. Alcune strategie di test comprendono:
- Specifico vs Generico: ” A volte la curiosità generica funziona meglio, in altri casi risulta più coinvolgente un oggetto che spiega subito il contenuto.
- Personalizzazione intelligente: includere il nome del destinatario può rendere l’email più vicina. Tuttavia, se usata in modo eccessivo o in contesti poco coerenti, la personalizzazione può risultare sospetta o troppo invasiva.
- Urgenza: frasi come “Offerta valida fino a stasera” danno un senso di immediatezza e possono migliorare le aperture, e quindi i clic. È meglio non abusarne, però, per non sembrare assillanti.
- Nome dell’azienda: a volte includere il nome del brand nell’oggetto fornisce credibilità e riconoscibilità, ma anche qui bisogna testare per capire se funziona con i propri abbonati.
B. Sperimenta i contenuti
Non tutte le email sono uguali. Forse invii sempre l’intero articolo dentro l’email, ma scopriresti che creare una “anticipazione” e poi rimandare il lettore a un blog post o a un video esterno può generare più clic. È successo, per esempio, con la marca Boom: testando un’email che parlava di invecchiamento e accettazione di sé, hanno confrontato due versioni:
- Email con il testo completo del racconto.
- Email più breve che reindirizzava a un articolo “pre-sell” sullo stesso tema, stimolando il lettore a cliccare per leggere tutto.
Il risultato? Nella seconda ipotesi, il CTR è stato più che raddoppiato. Anche se l’argomento di base era identico, il formato e la struttura dell’email hanno fatto la differenza.
C. Attenzione ai link e alla Call to Action
A volte mettiamo troppi link sperando che uno di questi susciti il desiderio di cliccare. In realtà, più di uno si è reso conto che un singolo, chiaro invito all’azione (“Scopri di più” oppure “Visita il nostro sito per saperne di più”) può dare migliori risultati di una lista di bottoni. Se i destinatari si confondono su cosa devono fare, potrebbero non fare nulla.
Prima di inviare, un consiglio semplice ma fondamentale: verifica che i link funzionino. Ti sorprenderesti di quante volte un click basso dipenda da un collegamento errato o rotto. Magari hai appena lanciato un nuovo prodotto e il pulsante “Compra ora” rimanda a una pagina inesistente. È sempre una buona idea inviare una mail di test a se stessi o al proprio team, cliccare su ogni link e controllare che tutto funzioni.
Il Tasso di Apertura – Come interpretarlo dopo iOS 14
C’era un tempo in cui il tasso di apertura era considerato un riferimento vitale. Poi è arrivato l’aggiornamento iOS 14, che ha limitato la capacità di tracciare correttamente le aperture sugli iPhone, rendendo questi numeri meno affidabili. Tuttavia, il tasso di apertura resta un indicatore utile per capire se le email stanno finendo in spam o se i destinatari trovano i tuoi oggetti inutili.
Spesso si sente dire che un buon tasso di apertura in media si aggira intorno al 30%. Alcuni settori si spingono oltre il 40 o addirittura il 50%, specialmente se l’azienda utilizza liste molto pulite (ovvero contatti verificati e realmente interessati a ricevere contenuti).
Dunque, come muoversi? Usa l’open rate come dato di riferimento, ma prendilo con cautela. Se vedi che cade di colpo da un mese all’altro, potrebbe esserci un problema di deliverability o un cambio nella tua strategia di invii. Se invece rimane costante, significa che almeno a livello di recapito e di rilevanza l’email funziona.
Placed Order Rate – Misurare le vendite generate
Quando l’obiettivo di un flusso è la conversione — ad esempio un acquisto in un e-commerce — niente è più diretto della percentuale di utenti che effettivamente completano un ordine dopo aver cliccato. Alcuni provider etichettano questa metrica come “Placed Order Rate” o “Revenue per Email” (RPE), e aiuta a capire quanti soldi stai generando grazie a quelle specifiche email.
Può capitare che alcuni flussi abbiano un tasso di acquisto più basso, ma non perché siano inefficaci. Pensiamo a chi ha email di valore create solo per nutrire il legame col pubblico, senza vendere. Il compito di tali messaggi è tenere alto l’interesse, condividere consigli, guidare l’utente verso blog post e video. In quel caso, un Placed Order Rate basso non è un fallimento, ma un riflesso della finalità non direttamente orientata alla vendita.
Se invece hai un flusso mirato a “risvegliare” un cliente che non acquista da tempo (a volte si chiamano “win-back flow”) e noti che il tasso di acquisto è zero, c’è un problema. Forse l’offerta non è abbastanza accattivante o la frequenza di invio risulta fastidiosa. O ancora, stai rivolgendo la proposta a contatti completamente disinteressati.
Deliverability
Questa metrica spesso si dà per scontata, ma in realtà è la base su cui poggiano tutte le altre. Se le email non arrivano nella casella di posta primaria dei destinatari, i tassi di apertura e di clic si abbasseranno inevitabilmente. Come tenerla sotto controllo?
- Qualità della lista: cancella periodicamente gli utenti che non aprono o non interagiscono da molto tempo, perché possono diventare fonte di spam trap o segnalazioni negative.
- Reputazione del dominio e dell’indirizzo IP: se invii con costanza contenuti interessanti e ottieni buone interazioni, la tua reputazione si consolida. Al contrario, se mandi spam o verrai segnalato, potresti finire in spam.
- Segmentazione: inviare email di massa a tutto il database senza alcuna logica può peggiorare la deliverability, perché tanti destinatari disinteressati smetteranno di aprire o, peggio, segnaleranno il messaggio. Meglio segmentare e inviare a chi davvero vuole ricevere quel contenuto.
Testare, testare, testare – La chiave di ogni ottimizzazione
Ora che conosci le metriche principali, avrai capito che monitorarle è una buona abitudine, ma come si attua un miglioramento concreto? La parola magica è “testare”. E non si tratta di test casuali. È utile procedere con piccole modifiche mirate, tenendo un occhio sulle percentuali e un altro sulla coerenza del messaggio.
Come impostare un test
- Scegli una variabile: oggetto, contenuto, formato dell’email, tono di voce… Non cambiare troppe cose insieme, o non saprai quale modifica abbia inciso sui risultati.
- Stabilisci un gruppo di controllo: molti software di email marketing permettono di dividere automaticamente l’invio in due o più parti. Un gruppo riceverà la versione A, l’altro la versione B.
- Osserva i dati: CTR, tasso di apertura, Placed Order Rate. Lasciali stabilizzare per un po’ di tempo (magari qualche giorno), poi valuta i risultati.
- Applica la modifica migliore: se, per dire, la versione con meno immagini ha un CTR più alto, potresti decidere di adottarla come variante predefinita.
Esempi di test tipici
- Oggetto breve vs soggetto lungo: a volte un oggetto di una sola parola incuriosisce, altre volte è un oggetto più descrittivo a convincere.
- Approccio narrativo vs approccio diretto: preferisci raccontare una storia in apertura o arrivare subito al sodo?
- Email ricca di immagini vs email di testo: c’è chi reagisce meglio a foto e grafiche, chi ama una prosa più semplice.
- Offerta con sconto vs offerta con regalo: se vuoi spingere la vendita, puoi testare due tipi di incentivo economico e scoprire quale funziona meglio.
Frequenza di invio e durata del flusso
Un altro aspetto spesso trascurato è la lunghezza del flusso (quante email contiene) e la frequenza con cui le persone ricevono questi messaggi. Soprattutto in un flusso di benvenuto, l’intervallo tra un’email e l’altra può fare la differenza tra un iscritto entusiasta e uno infastidito.
- Troppi messaggi ravvicinati: potresti stancare i nuovi iscritti e ritrovarti con un incremento di cancellazioni.
- Troppi pochi messaggi: rischi di “raffreddare” il contatto, lasciandolo senza aggiornamenti per settimane.
Un approccio pragmatico consiste nel monitorare i dati email per email. Se noti che la quinta email del flusso ha un picco di cancellazioni, potresti modificarne il contenuto o allungare l’intervallo tra la quarta e la quinta. Lo stesso vale per i flussi post-acquisto, che possono includere ringraziamenti, consigli di utilizzo, richieste di recensioni e proposte di cross-sell.
Segmentazione – Il messaggio giusto alla persona giusta
Inviare la stessa email a tutti coloro che entrano in un flusso potrebbe essere un approccio un po’ approssimativo. Se hai la possibilità di segmentare, perché non farlo?
Facciamo un esempio pratico: se un brand cosmetico vende prodotti per diverse fasce di età, non ha molto senso mandare un’email che parla di come nascondere i capelli grigi a chi ha 25 anni. E se invii una proposta su un mascara a chi ha appena acquistato una crema corpo, potresti non centrare l’interesse. Attraverso la segmentazione, puoi personalizzare l’email a seconda delle informazioni sul cliente, aumentando la probabilità che legga e clicchi.
Tra gli strumenti utili per la segmentazione troviamo:
- Dati demografici (età, località, genere, ecc.).
- Cronologia degli acquisti (chi ha comprato un determinato prodotto potrebbe apprezzare accessori o articoli simili).
- Interessi dichiarati (newsletter specifiche, preferenze di contenuto).
Pulizia lista
È normale sentirsi tentati dall’idea di conservare tutti gli indirizzi. Dopotutto, la lista è simbolo di potenziale. Ma se tra i 100.000 iscritti ce ne sono 70.000 che non aprono da mesi, tenere quei contatti potrebbe danneggiarti. Oltre a incidere negativamente sui costi (alcuni provider fanno pagare in base al numero di contatti), rischi che i tassi di apertura e clic si abbassino e peggiori la reputazione del dominio.
Fare una pulizia periodica della lista è un gesto di amore verso il tuo brand e verso i destinatari che davvero vogliono ricevere i messaggi. Puoi inviare una “campagna di re-engagement” a chi non apre da 90 o 120 giorni, offrendo l’opzione di continuare a ricevere contenuti o di cancellarsi. In tal modo, se la persona non interagisce, puoi rimuoverla (o almeno spostarla in un segmento dormiente).
Errori comuni e falsi miti
Vediamo ora alcuni luoghi comuni che ruotano intorno agli email flow:
“Basta creare un flusso e poi non serve altro.”
No, come hai imparato finora, va monitorato e perfezionato. Anche un semplice errore di link può rovinare tutto.
“Più link ci sono, più clic ottengo.”
Non è detto. A volte un singolo invito all’azione ben visibile genera più conversioni di una costellazione di pulsanti.
“Se una soglia media di CTR è del 5%, allora 5% andrà bene per tutti.”
No, devi confrontare i tuoi risultati con lo storico del tuo brand e valutare il settore di appartenenza.
“Il tasso di apertura è morto con iOS 14.”
Non è morto, va semplicemente interpretato con un po’ di attenzione in più.
Consigli di manutenzione periodica
Siamo quasi alla conclusione, ma merita un approfondimento la manutenzione “ordinaria” che potresti programmare ogni mese o ogni trimestre:
- Controllo dei link: bastano pochi minuti per entrare nelle email principali del flusso e verificare che i rimandi funzionino.
- Rilettura dei contenuti: frasi come “Nuovo prodotto lanciato la settimana scorsa” diventano presto fuori luogo. Se un contenuto si riferisce a un evento datato, meglio aggiornarlo.
- Aggiornamento delle offerte: se il flusso conteneva sconti temporanei ormai scaduti, sostituiscili con promozioni attuali.
- Segmentazione e pulizia: controlla se ci sono segmenti con un calo improvviso di interesse. Elimina o cerca di riattivare i contatti dormienti.
- Test di deliverability: di tanto in tanto, invia a un indirizzo personale (o di colleghi) su provider diversi (Gmail, Outlook, Yahoo) per accertarti che arrivi regolarmente in inbox.
Un esempio di routine mensile
Per concretizzare ancora di più, ecco come potresti impostare la tua revisione mensile:
- Settimana 1: analizza la deliverability e il tasso di apertura. Se noti sbalzi, investi del tempo a migliorare la reputazione del dominio o a regolare la frequenza di invio.
- Settimana 2: esamina il CTR. Identifica le email con il CTR più alto e più basso. Prova a capire quali elementi (oggetto, struttura, call to action) potrebbero aver influito. Se serve, pianifica un test A/B per la settimana successiva.
- Settimana 3: guarda il Placed Order Rate delle email pensate per vendere. Se noti che un’email di recupero carrello non converte, rivedi l’offerta o la tempistica.
- Settimana 4: metti in pratica i risultati dei test A/B e fai una pulizia della lista, rimuovendo i contatti del tutto inattivi.
La volta successiva potrai già vedere se gli aggiustamenti hanno portato miglioramenti.
Conclusioni
Le email automatiche rappresentano un asset fondamentale per qualsiasi e-commerce o attività online. Sono come una piccola catena di montaggio che, se ben gestita, ti permette di comunicare in modo coerente con il tuo pubblico, fidelizzare i clienti e generare vendite. Tuttavia, “impostare e dimenticare” non è l’atteggiamento giusto. Ogni fase del flusso, dall’arrivo in inbox all’oggetto, dal testo alla call to action, può essere migliorata sulla base dei dati reali.
Una sintesi degli elementi da ricordare?
- CTR: è la bussola per capire se l’email riesce davvero a coinvolgere.
- Open rate: imperfetto dopo iOS 14, ma ancora utile.
- Placed Order Rate: la metrica più importante se l’obiettivo del tuo flusso è vendere.
- Deliverability: il presupposto di tutto. Se non si arriva nella posta in arrivo, il resto non conta.
- Test: l’unica strada per perfezionarsi.
Sperimentare costantemente non significa cambiare tutto ogni settimana. Spesso le regolazioni più efficaci sono piccole: un’immagine diversa, un testo più breve, un oggetto più intrigante. Tieni un archivio dei test già svolti, così da non ripetere esperimenti a vuoto e creare via via il tuo “manuale” personale delle email di successo.
Non dimenticare di coordinare le email automatiche con il resto delle tue comunicazioni, dai post sui social alle inserzioni. Una strategia omogenea assicura che le persone non ricevano messaggi contraddittori e alimenta la fiducia verso il tuo brand.
Se poi hai flussi orientati non solo alla vendita ma anche alla costruzione di una relazione (per esempio, email di onboarding, approfondimenti, suggerimenti d’uso, storie di clienti soddisfatti), ricorda che lo scopo potrebbe non essere il “clic a tutti i costi.” In quei casi, il CTR potrebbe essere inferiore, ma le interazioni complessive (risposte dirette, commenti, brand awareness) potrebbero crescere silenziosamente, trasformandosi in fidelizzazione.
Tieni a mente che, a volte, la chiave del successo sta proprio nell’equilibrio tra email promozionali e email di puro valore. Il tuo pubblico, come tutti, desidera ricevere qualcosa che lo arricchisca, sia in termini di informazioni sia di esperienze positive.
In chiusura, la vera sfida è mantenere sempre vivo l’interesse. La “noia” è la nemica numero uno delle comunicazioni digitali. Se ti assicuri che ogni email offra un piccolo beneficio, una curiosità o un tono familiare, vedrai che nel tempo la lista rimarrà coinvolta e pronta a reagire positivamente alle tue proposte. E quando, davanti a un calo di CTR o di vendite, ti ritroverai a domandarti cosa stia succedendo, saprai già cosa fare: controllare i numeri, individuare la causa e sperimentare una soluzione.
Del resto, è proprio così che si costruisce un flusso vincente: passo dopo passo, un test dopo l’altro, sempre con un occhio al feedback reale dei destinatari. E tu, hai già in mente quali test impostare la prossima settimana? Magari inizierai proprio da un nuovo soggetto intrigante o da una sequenza più breve per il tuo flusso di benvenuto. Preparati a stupirti di quanto possano crescere i risultati quando si innesca il circolo virtuoso dell’ottimizzazione continua.
